La meccanizzazione dei processi enologici ha portato anche a ottenere scarti di lavorazione meglio separati e più facilmente utilizzabili per altri scopi.
Trattandosi di scarti vegetali per la gran parte, dopo aver estratto in ogni modo fino all’ultima goccia di mosto da trasformare in vino o grappa, questi venivano spesso semplicemente buttati in campo come ammendanti agricoli. Oggi un primo e diverso uso è quello di destinarli alla produzione di biogas in grandi impianti a biomasse, oppure portarli alla compostazione per renderli un miglior concime agricolo.
Le acque di processo, cariche di composti organici, vengono semplicemente smaltite, con un costo a carico delle cantine che se ne devono sbarazzare.
Un nuovo metodo di utilizzo di questi scarti sta prepotentemente arrivando sul mercato, proponendosi come alternativa economicamente remunerativa per l’uso ottimale di queste che sono in realtà risorse e non rifiuti.
Dalle bucce, dai graspi, dalle acque di lavorazione si possono estrarre polifenoli buoni che la farmaceutica, la nutraceutica e la cosmesi bramano come materie prime per la realizzazione dei loro prodotti.
L’industria di settore italiana è all’avanguardia nella produzione dei macchinari necessari per questi processi e la vitivinicoltura ne trae ogni giorno un maggior giovamento.